Sanremo è la più grande vetrina per gli aspiranti di successo canoro, presente in Italia. Non lo dice solo la stampa ma anche i risultati della Google Search sono concordi. Tra le parole più cercate dell’anno spuntano sempre dei vocaboli correlati a Sanremo (che sono solitamente canzoni o personaggi). Se da una parte c’è un’organizzazione imponente dal punto di vista tecnico, dall’altra ce n’è un’altra altrettanto imponente dal punto di vista commerciale. I ricavi delle pubblicità mandate in onda durante Sanremo (sono state veramente tante) fruttano svariati milioni di euro. A confronto il cash dei presentatori, molto spesso tirato in ballo dai social network, è una miseria. Il meme con i cash riscuote sempre molto successo ogni anno da parte della critica popolare poiché le persone lo confrontano con il loro misero stipendio e chiaramente ne escono sconfitti. Il “ragionamento” fatto con l’inconscio è errato in quanto decontestualizzato; la ragione viene annebbiata dal sentiment di rabbia,odio,invidia e quindi il cervello viene bypassato. La ragione suggerisce come il cash vada confrontato con gli introiti e le uscite definiti nel piano di business sanremese. Da confronti sbagliati è semplice trarne delle conclusioni errate. Anche tu guidi la macchina ma non ti pagano come Sebastian Vettel, anche tu giochi a calcio ma non ti pagano come Cristiano Ronaldo, anche a te piace la gnocca ma non ti cavalchi Adriana Lima. Insomma di esempi ce ne sono a valanghe e mostrano come il divario non sia imputabile al singolo ma alla società capitalista. Molti dimenticano poi che Sanremo può portarti alla gloria come può distruggerti la fama. La responsabilità è enorme e va messa nei calcoli economici.
Da questa breve introduzione arriviamo al dunque. Avete notato sui social network un simboletto accanto all’hashtag Sanremo2018. È noto dal 2017 quando #Sanremo2017 fu venduto per la prima volta in Italia dal social network californiano. Anche nel 2018 è stata fatta la stessa scelta di acquisto, in quanto gli utenti di Twitter diventano molto attivi durante la manifestazione canora trasformandosi a loro volta essi stessi in veicolo pubblicitario (e questo di certo non è passato inosservato alla data room di Tim che analizza tutti i dati del traffico). Altrimenti non si spiegherebbe neanche il motivo di utilizzare il Social Network più trascurato (dall’area popolare) e meno aggiornato del momento . In molti si sono chiesti se sia etico, giusto o politicamente corretto, acquistare degli hashtag ai fini pubblicitari.
Andare ad influenzare la classifica generale degli interessi pagando una quota monetaria potrebbe essere alquanto “pericoloso” per l’informazione e per gli scenari futuri dove il traffico sarà sempre meno organico e sempre più a pagamento. In questo modo per influenzare le masse basterà pagare (direte beh niente di strano). Del resto l’obiettivo dei social è chiaramente quello di fornire un servizio apparentemente gratuito:
- fornire un servizio apparentemente gratuito
- rendere il servizio molto diffuso
- renderlo indispensabile
- ottenere un ricavo economico con le pubblicità
- aumentare ogni anno gli introiti pubblicitari
- superare gli introiti delle tv e aggiungere sempre più servizi
- integrare il social con altri sistemi di comunicazione come quelli dei notiziari
- vendere dei servizi aggiuntivi
- utilizzare i dati personali (valgono milioni e milioni) per offrire agli inserzionisti il target giusto per le loro pubblicità (un miglioramento dell’efficienza che la televisione non riesce a dare in maniera così “targhettizzata” se non sfruttando gli orari giornalieri in base ai quali è più probabile una fascia di persone piuttosto che un’altra)
Il logo Tim Music (la nota blu con la T stilizzata di colore rosso) si è visto in tutti i tweet aventi l’hastag Sanremo2018 aumentando il brand awareness della società, diventata per il secondo anno consecutivo sponsor unico del Festival di Sanremo.
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