Ho purtroppo notato, passando da entrambe le parti della campana,come ci sia un grande problema di fondo (che genera malcontento sociale) nella ristorazione: la mancanza di unità di misura (u.d.m.) nel menù. Ci troviamo difronte ad un grande dilemma che ha creato e continua a creare incomprensioni nella “popolazione non media” ,ovvero per le frange fuori dal valore medio gaussiano di uno scarto quadratico medio importante (la fascia media non viene toccata dalla problematica). Anche per le comitive il ristoratore non serio approfittandosene crea un prezzo forfettario non giustamente commisurato a quanto ognuno di loro abbia effettivamente mangiato e bevuto. In questi casi è più opportuno trattare prezzo e menù prima del pasto in maniera chiara, facendo capire le intenzioni di non essere “inculato” nel gran finale a sorpresa in stile Quentin Tarantino. Evitate i giorni in cui è alta la domanda e ristretta l’offerta come Natale,Capodanno,San Valentino,Pasqua,ecc…,perché è chiaro che il prezzo, fissato dalla mano invisibile di Adam Smith, lieviterà per la legge del mercato senza che vi sia un corrispondente beneficio in termini di appagamento culinario e il rilascio di endorfine sarà destato dalla vista del conto. Culinario e “inculinario” in questi casi si intrecciano a vicenda,come direbbe De Sica: <<Na bella cafonata>>!
La scritta “un piatto di pasta” come la quantifichiamo? Per giusta regola sarebbe opportuno inserire la quantità in grammi del pasto presente nel piatto corrispondente (obiezione: mi metto a pesare i piatti?Si cazzo li pesi,perché in ferramenta non te lo pesano il fottuto ferro? Non farmi incazzare! Oppure usi uno stratagemma per colmare il piatto in maniera equa conoscendo la quantità corrispondente al livello del piatto stesso e con qualche prova lo sai benissimo,quindi non scassare!).
E ancora la scritta “per 2 persone” che senso ha?Chi sono queste due persone?Due soggetti come Ronnie Coleman o come Fassino?Questo relativismo culinario (magari se Albert Einstein avesse fatto il cuoco ora non ci troveremo in questa situazione) fa acqua da tutte le parti ed è questa insieme alla standardizzazione le principali motivazioni per cui è nato il Sistema Internazionale(SI) delle unità di misura. Ci troviamo quindi dinanzi a un principio di indeterminazione nel comprendere la tipologia di queste due persone:
Abbiamo l’incertezza su quanto mangi la persona e l’incertezza su quanto debba essere grande il piatto. Il grande Heisenberg risolse la questione dell’incertezza sulla posizione e quantità di moto delle particelle introducendo la costante di Planck. Noi come risolviamo la nostra indeterminazione?
LE TIPOLOGIE DI ACQUA MAGGIORMENTE RICHIESTE DAL CLIENTE
Ora non dobbiamo essere al livello del cliente che chiede acqua leggermente frizzante (la classica donna insoddisfatta sulla cinquantina,forse perché ne ha presi troppi e ha un traforo del Gran Sasso; forse perché ne ha presi troppo pochi e la strada è ancora brecciata) perché certo il locale secondo la mente pacata dell’individuo ha 10 tipologie di acqua a seconda delle esigenze di ogni singola persona:
- l’acqua leggermente frizzante
- l’acqua ferma
- l’acqua alla spina
- l’acqua frizzante q.b. (quanto basta)
- l’acqua alcalina
- l’acqua minerale,oligominerale e mediominerale
- l’acqua povera di sodio
- l’acqua micro-filtrata dell’Himalaya
- l’acqua invecchiata in botti di rovere del 1987
- l’acqua purissima dell’Islanda
- l’acqua in bottiglia di vetro
- l’acqua a temperatura ambiente
- l’acqua non troppo fredda
- l’acqua freddissima (richiestissima dal quarantenne/cinquantenne medio in piena stagione estiva)
- l’acqua a scelta: <<A avete solo questa?Ce l’avete …..?(richiesta della marca)>>
ANALISI E CONCLUSIONE
Bisognerebbe, e il condizionale è d’obbligo fino ad un certo punto,colmare questo gap non indifferente. Da una parte abbiamo l’esigenza di accontentare il cliente affamato,per cui un piatto di pasta è poco, e il cliente delicato,per cui un piatto di pasta è troppo e che esclamerà “oh mio Dio non sapevo fosse così grande” (proprio la stessa frase che pronunciò nella sua mente Cicciolina quando vide il cavallo per la prima volta),che giustamente paga per essere sfamato nettamente o delicatamente in maniera trasparente e direttamente proporzionale al prezzo senza doversi aspettare la sorpresa finale. Dall’altra parte abbiamo il ristoratore che ha bisogno di velocità,di accontentare la clientela,di un motivo per far tornare e fidelizzare il cliente e di “non sputtanarsi” la reputazione.
Allora prendere per i fondelli il cliente non paga mai perché non ritorna più e nel lungo periodo fa perdere “l’importanza del brand” a causa della sua frustrazione (giustamente motivata) scaricata sugli amici e sulle recensioni online per senso di ingiustizia tramutato in una vera e propria vendetta personale.
Ps: sulle recensioni online dovremo aprire una grande parentesi ma esula dagli scopi di queste righe,pertanto facciamo un minuto di silenzio a quelli da commento super positivo che ti piazzano 2 stelle su 5.
(spazio bianco per il minuto di silenzio ed espiazione dei peccati da recensione)
Conclusione: la mancanza di u.d.m. non crea vantaggio né al cliente né tanto meno al ristoratore. Entrambi ne escono “sconfitti” da questa clamorosa mancanza di stile: un’evidente lacuna per il mondo della ristorazione.Ora avete un buon motivo per inserire l’u.d.m. nel vostro menu.Non lo fa nessuno?Meglio sarete i primi,un ulteriore punto a vostro vantaggio (consapevoli del fatto che non tutto il food è quantificabile in maniera esatta con un’unità di misura è chiaro che l’introduzione dell’u.d.m. è confinata nella possibilità di utilizzo).
Aggiungi Seremailragno.com al tuo feed di Google News,
per poter restare sempre aggiornato sulle ultime notizie.
Per contatti e/o segnalazioni redazione@seremailragno.com.
Copyright © 2014-2023. All rights reserved.
Seguici su Twitter ed ascoltaci su Spotify.
Attiva la skill Amazon Alexa cliccando qui.
Creative Commons – CC BY-NC-ND 4.0
Devi accedere per postare un commento.