
<<L’ Adriatico ha sempre unito i popoli, non li ha mai divisi>>. Mio padre lo diceva sempre, nonostante quello che noi abbiamo subito da quest’isola che si chiama Neresine (Nerezine in Croato) difronte al golfo di Fiume. Parole di Orazio Zanetti, Presidente per le Marche Sud dell’ANVGD (Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia).
Abbiamo perso la casa, siamo stati cacciati, siamo fuggiti, lo zio Giovanni è partito per Long Island, lo zio Giuseppe è partito per l’Argentina e noi siamo rimasti soli, quindi nonno Antonio è rimasto a Trento, nonna è rimasta a Neresine dove ha fatto la serva fino al 57’ e naturalmente mio padre, tornando dalla seconda guerra mondiale come colonnello alla legion d’onore si trovò ad arrivare in Istria per poi fuggire su un campo profughi. Questo qui accadde nel 47’. Il problema è trovare sempre un dialogo tra le parti. Quando vado in Istria, vado a casa dai miei “amici Croati” e trovo i miei mobili, e mi dicono o meglio mi hanno detto: <<Sai Orazio, a quell’epoca siete scappati via tutti, la casa era disabitata e non avendo nulla noi abbiamo pensato di prenderli>>. Bene è giusto che rimangano lì, perché da una parte li tengono bene (gli danno un olio rosso per proteggerli) e dall’altra parte è stato tutto il contesto. Noi non abbiamo mai subito violenze in quella situazione a Neresine. Invece tutto quello che è accaduto nella Giulia, nella Dalmazia e nell’Istria sono state atrocità, nate dopo il 43’ e cresciute sempre di più fino al primo maggio del 45’, dove ci furono 40 giorni di violenze poiché Tito arrivò prima di tutti (persino degli alleati) a Trieste e lì furono fatte delle atrocità indescrivibili. Il primo di Maggio del 1945, Tito entrò a Trieste, anticipando di un giorno le truppe alleate neozelandesi. Trascorsero 40 giorni con la città sotto il controllo degli Jugoslavi caratterizzati da forti manifestazioni nazionalistiche slave, organizzate dagli invasori, una decisa caccia ai fascisti o presunti tali, solitamente mirata contro la popolazione di etnia italiana, con numerosi processi ed esecuzioni, fino al raggiungimento di un accordo tra Tito e le truppe alleate (9 giugno, approvazione della cosiddetta “Linea Morgan”) per l’evacuazione degli jugoslavi da parte delle Venezia Giulia occupata e il passaggio dei poteri all’amministrazione anglo-americana: Gorizia e Trieste passarono agli anglo-americani il 12 Giugno e Pola (solo temporaneamente) il 20 Giugno, mentre Fiume rimase sotto il controllo jugoslavo.
La condizione di Tito a quell’epoca era questa, con i suoi partigiani comunisti, di cui molti provenienti dal Montenegro, gente che non aveva nulla, gente che non aveva nessuna cultura, gli si offrivano le case e i terreni degli italiani. Fu una vera e propria pulizia etnica ai danni degli italiani . Tutto è stato sempre nascosto come accadde nella storia per altri fatti. Vi faccio un esempio sui campi di concentramento sovietici infatti noi abbiamo saputo qualcosa dei gulag grazie a Solženicyn quando scrisse l’Arcipelago, altrimenti non ne si sapeva quasi nulla.
Non sappiamo quanti fossero gli italiani, che erano un tessuto politico sociale/economico della Dalmazia, della Giulia e dell’Istria perché portavano via i documenti. I partigiani di Tito buttavano queste persone dentro le foibe collegati con massi e fili di ferro senza dare la possibilità di sapere chi erano. Il primo della fila veniva sparato, cadeva nella foiba e gli altri a lui collegati lo seguivano per via della forza di gravità. Quando ci furono i ritrovamenti riconoscere le persone maciullate e ammassate su migliaia di corpi fu un impresa. Quindi noi non sappiamo esattamente quante famiglie siano state distrutte, quanti siano stati gettati all’interno di queste cavità. Togliere l’identità del resto era il comportamento a EST: ”dobbiamo cercar di non far conoscere chi noi andiamo a colpire”. Ne abbiamo un esempio poi quando è caduto il Kosovo, alle macchine toglievano le targhe, toglievano il passaporto, l’identità.

Quando nel 47’ venivamo in Italia ci prendevano le impronte per identificarci e noi non ci rifiutavamo perché volevamo che la nostra identità fosse nota. Fummo portati in campi profughi (109 circa in tutta italia) e sparsi dappertutto proprio per fare in modo che non ci fosse la possibilità di riunire le famiglie o i gruppi, perché troppe persone messe insieme potevano essere pericolose. Queste cose segnano, soprattutto se le si è vissute in prima persona. Ecco il motivo per cui bisogna ritrovarsi, oramai siamo esuli sia i carnefici che le vittime, però la condivisione va fatta e deve essere fatta con due grosse basi, la nostra e la loro, e si crea il ponte del dialogo, ma non si possono mescolare le due cose, perché saremmo nel solito sciocco discorso che abbiamo voltato pagina. Non è così, non si può dire abbiamo voltato pagina, dobbiamo raccontare quello che è accaduto perché solamente raccontando le nuove generazioni vengono a sapere quello che è successo. Sono pagine della storia che sono state strappate.
Dove siete stati accolti nelle Marche?
Nelle Marche c’era il centro di raccolta profughi di Fermo e quello di Servigliano, dove siamo rimasti fino al 54’/56’. Queste baracche dove le famiglie venivano, divise da una grande coperta di lana (la loro intimità era negata), sono state smontate una per una e vendute dalle varie epoche politiche che hanno cancellato un patrimonio storico di cui non è rimasto più nulla. Molti Istriani successivamente si sono legati nel tessuto sociale locale mentre altri si sono sparpagliati in nuovi posti.
Quanti profughi sono fuggiti da questi territori?
Circa 350.000 più tutti quelli che se ne erano già andati precedentemente.
Quali sono i sogni degli eredi di questa tragedia?
Sta nascendo da diversi anni l’irredentismo (aspirazione di un popolo a completare la propria unità territoriale nazionale, acquisendo terre soggette al dominio straniero, terre irredente, sulla base di un’identità etnica o di un precedente legame storico) e si cerca di ricomprarci tutto con i soldi che il Ministero del Tesoro non ha elargito (perché la Jugoslavia non ha pagato). C’è un grosso contenzioso che cercano di chiudere ogni anno ma non ci riescono. Noi abbiamo come famiglia abbiamo mantenuto i terreni sulle isole, ma abbiamo perso la casa. Facevamo parte dei 600 fortunati che hanno mantenuto tutti i terreni, però abbiamo perso la casa perché l’abbiamo dovuta abbandonare proprio per paura. I terreni li abbiamo tenuti perché ho fatto causa al governo Croato dato che i terreni furono stati comperati dai miei bisnonni con 300 corone d’oro.
Quindi l’irredentismo totale resta un sogno??
Si l’ irredentismo totale è un sogno, che va portato avanti a piccoli passi.
E la politica italiana???
Io ho tutti i verbali della cessione della ZONA B di tutti i politici che hanno fatto il loro intervento in parlamento e la data “fatale” fu il trattato di Osimo del 10 novembre 1975. In questo trattato il governo italiano ritiene che i profughi ovvero quelli che si sono trasferiti in Italia non abbiano mai perduto la cittadinanza italiana (sono cittadini jugoslavi fino al loro trasferimento in Italia) ma hanno perduto la cittadinanza jugoslava alla data del loro trasferimento.
La storia del vescovo di Zara
Don Munziani è stato violentato. È stato portato nell’isola Calva dopodiché nel 1949 lo hanno liberato ed è andato in Vaticano. Non è mai uscito da quelle mura.
Incontro nella biblioteca comunale di Montegranaro organizzato da Gioventù Libera e dall’associazione Aries, con il patrocinio dell’Amministrazione comunale (Montegranaro data 09/02/2016), articolo scritto a cura di Seremailragno.com.
“IL GIORNO DEL RICORDO”
Con la legge 30 marzo 2004 n.92,”La Repubblica riconosce il 10 Febbraio quale Giorno del Ricordo al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”
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