2° Anello gravel del fermano – Porto San Giorgio, Lapedona, Altidona, Marina di Altidona e Marina Palmense. Un giro partendo in zona caffè Miro per prendere poi la strada verso la ciclabile del lungomare.
In zona porto prendere via Solferino fino alla rotonda per poi imboccare la strada a destra che si trova appena dopo l’ingresso del casello autostradale. Quella strada secondaria porta poi verso le strade gravel che in salita permettono di risalire il crinale per poi ricongiungersi a Lapedona.
L’anello da 40 km
Da Lapedonascendere e prendere la via a destra che permette di congiungersi ad Altidona prendendo anche qui strade gravel molto dissestate. Da Altidona una lunga discesa verso la marina dove si riprende la ciclovia adriatica per tornare a Porto San Giorgio.
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Altidona
Ritrovamenti archeologici fanno risalire le origini di Altidona a 150.000 anni fa. Fu poi abitata dai Pelasgi, antico popolo greco, e poi dai Piceni. Nel 485 a.C. giunsero i Romani. Altidona appartenne a Fermo, all’Abbazia di Farfa in Sabina, poi nuovamente a Fermo.
Inizialmente fu edificato il castello di S. Biagio in Barbolano che sprofondò in mare nell’Alto Medioevo o forse fu abbattuto dagli altidonesi. Dopo il XII secolo, gli abitanti della città di Altidona hanno dato vita ad un nuovo castello, intorno alla parrocchia di Santa Maria e San Ciriaco, che fu edificato sulla collina della città attuale e di cui sono ancora ben conservate le mura medievali.
Da ineresse il Belvedere, una torre d’avvistamento medievale affacciata sulla Valle dell’Aso, e la tavola, attribuita a Vincenzo Pagani, raffigurante la Madonna col Bambino, due santi e donatore conservata presso la chiesa parrocchiale. Villa Montana e la cisterna romana sono situate nell’antica contrada di Barbolano.
Ad Altidona ha sede la Fototeca provinciale dove sono custoditi gli archivi fotografici che testimoniano la storia del territorio fermano. Inoltre, nel Teatro Comunale, si tiene una stagione teatrale molto seguita, con spettacoli di vario genere. La Sala Lussu di Marina di Altidona è punto di riferimento per rassegne cinematografiche e incontri.
Chi cerca un’area verde si ricordi di visitare il Parco dei “Due ponti”, spazio circondato da alberi secolari e che comprende un’area giochi per bambini. È altresì attraversato dalla pista ciclabile che si ricollega con la spiaggia.
Altidona fa parte dell’Unione dei Comuni della Valdaso; domina dall’alto di una collina la valle dell’Aso e dispone di un litorale nella frazione Marina di Altidona, la cui spiaggia è di sabbia e ghiaia. Tra pinete e palme millenarie si ergono belle ville e strutture ricettive. I ciclisti possono utilizzare i percorsi che si sviluppano lungo la costa per 3 km o lungo il fiume Aso.
Ogni anno, in estate, si svolge La sagra delle polenta con lumache per ricordare la frugalità delle mense contadine e paesane, anche se nel tempo si è arricchita di appetitose pietanze tipiche locali a base di carne e pesce.
Lapedona è un comune collinare, in Provincia di Fermo, d’impronta medievale, situato in un territorio abitato sin dall’antichità.
Lapedona paese dei bambini
Lapedona è il paese dei bambini: ogni anno si svolge l’evento Pappappero dedicato ai più piccoli. Nel centro storico di Lapedona il più divertente festival per bambini arrivato alla sua sesta edizione (nel 2024)! Si svolge in una domenica di agosto nel centro storico di Lapedona con spettacoli, giochi, mercatini, food, animazioni e molto altro ancora per una giornata piena di divertimento dedicata ai più piccoli.
Lapedona – Storia
Il suo nome compare per la prima volta in un documento del 1148, nel quale il vescovo di Fermo, Liberato (1128-1150), conferma all’eremo di Santa Croce di Fonte Avellana (PU) il possesso di chiese e beni nella diocesi fermana, tra cui la chiesa di San Quirico intra castellum qui dicitur Lapidona.
Probabilmente l’originario castello di Lapedona inglobava la chiesa di San Quirico, l’attuale centro storico sorse agli inizi del Trecento mediante il fenomeno dell’incastellamento e il trasferimento dei titoli rurali delle chiese.
Il castrum Lapidone è inserito nell’elenco dei castelli che Aldobrandino d’Este, marchese di Ancona, assegna alla città di Fermo il 10 giugno 1214, malgrado esso dipese da essa a partire dal 1238, ossia quando il vescovo-conte di Fermo Filippo II affidò al comune tutte le proprietà della chiesa, dal fiume Potenza al Tronto.
Attraverso l’antica porta Marina, perfettamente conservata, con arco a sesto acuto ornato da merli ghibellini, si accede al centro storico. Sotto il portico del cinquecentesco palazzo comunale, abbellito da archi difformi, si trova un cippo funerario di epoca romana, sul quale si distinguono iscrizioni e bassorilievi.
LE MIGLIORI 6 cose da vedere e fare a Lapedona
Chiesa Santa Maria de Manù
Una piccola chiesetta rurale, spesso dimenticata negli itinerari turistici della zona circostante, con una grande storia. Situata sulla strada che dall’Adriatica sale verso Lapedona, poco dopo il ristorante “La Storiella” forse più conosciuto, sulla destra, in posizione incantevole sul mare, preceduta da una duplice fila di cipressi rimane S. Maria de Manù.
Pur sorgendo nel territorio di Lapedona che gli ha intitolato la Contrada, la giurisdizione spirituale è del pievano di Altidona. Risalente al secolo X è detta anche Madonna delle Noci perché anticamente dopo la Messa, vi si giocava a castelletti di noci (una specie di bowling i cui birilli sono rappresentati dalle noci disposte a piramide).
Chiesa Santa Maria Manu
Fu donata dalla badessa del monastero Leveriano presso il fiume Aso, all’Abbazia di Montecassino e citata –insieme alla Chiesa e Castello di S. Biagio in Barbolano, altra chiesa di Altidona – sui portali in bronzo (sesta e settimana lamina di quello di destra) della Basilica –rimasti miracolosamente illesi ai bombardamenti del 1944-:
“Nel Fermano abbiamo il castello di Barbolano con la chiesa di S. Maria e S. Biagio con gli annessi possedimenti”. Semplice e spoglia nelle linee purissime del romanico classico è un vero gioiello d’arte che non sfigura accanto alle “sorelle maggiori” quali S. Maria Piè di Chienti a Montecosaro, S. Claudio a Corridonia, Ss. Stefano e Vincenzo di Monterubbiano, S. Quirico di Lapedona. Il polittico che campeggiava sull’altare, attribuito a Cristoforo Cortese (fine sec. XV), è stato trasferito nella chiesa parrocchiale di Altidona.
Chiesa dei Santi Pietro e Lorenzo
La data della costruzione della chiesa nel “Quartiere da Piedi”, è da collocarsi tra la fine del XIII e gli inizi del XIV secolo, quando dentro le mura del nuovo castello di Lapedona, con l’incastellamento delle popolazioni rurali, furono trasferiti anche i titoli delle loro chiese abbinate ad un santo patrocinatore.
La chiesa di San Lorenzo fu amministrata dai monaci di Fonte Avellana fino al 1569. L’impianto attuale è in stile neo-classico e risale a XVII – XVIII secolo. Aperta al culto nel 1792, fu solennemente consacrata nel 1798 da Mons. Vincenzo Paccaroni, vescovo di Costanza, mentre Pio VI la dichiarò “Insigne”. La chiesa ha un impianto con orientamento sud-nord.
Chiesa dei Santi Lorenzo e Pietro
Una particolarità è data dalla torre campanaria, alle spalle della chiesa, verso ponente, costruita nel 1732 e isolata dall’edificio sacro perché impiantata e sviluppata sopra un baluardo delle antiche mura che circondavano il castello medievale. La facciata, lavorata con mattone a vista, presenta un disegno lineare. L’interno ospita quattro altari laterali e a sinistra della parete di contro-facciata è posto il Fonte Battesimale. Il primo altare di sinistra è dedicato a San Giuseppe con la propria statua. In alto, al centro del timpano spezzato, è incorniciata una tela con l’effige di San Francesco da Paola. Il primo altare di destra è invece dedicato a Sant’Antonio Abate.
La tela posta nel timpano raffigura San Filippo Neri ed è opera di Ubaldo Ricci. In una cappella di sinistra è posta l’immagine del “SS.mo Crocifisso”, scolpita in legno, opera marchigiana del XVI secolo. Da segnalare l’organo dotato di dodici registri, opera monumentale del celebre maestro organista Gaetano Callido, datato 1794.
Chiesa dei Santi Quirico e Giulietta
Notizia certa è che tra il personale del Monastero di San Leonardo, oltre i monaci, c’erano tre cappellani; mentre altri cinque monaci erano dislocati in altrettante chiese dipendenti. Individuare il servizio di cura d’anime, demandato ai cappellani, non dovrebbe essere cosa difficile. Nell’ambito giurisdizionale del distretto del Volubrio esistevano il romitorio di Sant’Antonio a Capotenna, l’eremo di San Chiodo, o S. Claudio, scavato nella roccia presso il fiume Tenna, di fronte alla contrada Valleria, e l’oratorio di S. Romualdo al Palazzetto.
La dedica alla Santa Croce della chiesa di Robbiano suggerisce anch’essa un rapporto con i monaci avellaniti. Nei pressi di queste cappelle dimoravano anche alcune famiglie di vassalli e di lavoratori; necessitando essi di assistenza spirituale, il monastero inviava loro i propri cappellani per la messa festiva ed altre incombenze. Queste chiese che, certamente, esistevano tra la fine del sec. XIII e gli inizi del sec. XIV, non figurano nelle ricevute delle “Rationes Decimarum” del triennio 1290-92, perché le decime erano corrisposte per tutte dal Priore dell’Eremo di San Leonardo.
Parimenti non figurano nel lungo elenco di chiese che il Pievano di Montefortino rimise nelle mani di Alberico, vescovo di Fermo, con la famosa “convenzione di spoglio” del 22 gennaio 1301, perché, fin dal 1294, il papa Celestino V aveva riconosciuto e costituito la “Diocesis nullius Avellanensis” con la completa esenzione di chiese e monasteri propri dal vescovo locale. Alcune perplessità sorgono nella individuazione delle altre “Chiese dipendenti” in cui sono dislocati altri “cinque monaci”. La distinzione dei tre cappellani da questi cinque monaci ci induce a pensare che fossero chiese ricadenti fuori del territorio di Montefortino.
Infatti, se si fa il confronto tra le chiese ricordate in questo elenco e quelle nominate nel decreto del vescovo Liberto, emerge che in questo documento e in successivi privilegi pontifici sono state sempre omesse le chiese di S. Croce prope Asum, S. Maria ad M. Granarium, S. Quirico e S. Giacomo di Lapedona, S. Pietro di Lapedona e S. Quirico in Platea de Firmo. Il numero delle chiese quadrerebbe con i riferiti cinque monaci, rettori delle chiese dipendenti. Il motivo della omissione potrebbe ricercarsi, appunto, nel fatto che esse appartenevano al Priorato di San Leonardo.
Esse non dipendevano direttamente dalla Abbazia madre, ma solo per il tramite del nostro Priorato cui erano riservati atti giuridici molto importanti, come la nomina dei rettori delle chiese dipendenti. Per la dipendenza delle chiese di Lapedona dal Priorato del Volubrio si veda l’atto di procura con cui il Priore di San Leonardo, Fra’ Rinaldo Boniscambi, col consenso dei suoi monaci e di altri interessati, autorizza la vendita delle chiese di S. Pietro, S. Giacomo e S. Quirico, con delega in favore del converso Fra’ Matteo.
Il Priore di San Leonardo, Don Angelo Baldini da Gubbio, il 3 luglio 1432, confermò la nomina di D. Bartolomeo Dome-nicucci da Gubbio a Priore della chiesa di S. Quirico in Platea di Fermo, proposta dai Priori delle chiese di Lapedona, affermando che tale nomina definitiva gli competeva e gli spettava per antica consuetudine, poiché il Priorato di S. Quirico di Fermo fu sempre considerato membrum del Priorato di San Leonardo.
tratto da “Istituzioni Monastiche dei Secoli XI-XII ai pie’ dei Sibillini” di Giuseppe Crocetti.
Palazzo comunale
Estremi cronologici: 1520 – 2009
Consistenza: Unità 1027: bb. 503, regg. 472, ml 52
Stemma – Comune di Lapedona
Storia archivistica: Nel corso del tempo l’archivio comunale di Lapedona ha subito spostamenti da un locale all’altro della sede comunale. Nella deliberazione del Consiglio comunale del 3 giugno 1967, con la quale si istituiva la sezione separata di archivio storico (attualmente non esistente), si legge che gli atti anteriori all’ultimo quarantennio si trovavano nel vano del palazzo municipale, attiguo al gabinetto del sindaco.
La documentazione è stata sommariamente riordinata nel 1969 da Italo Salera, allora funzionario della Soprintendenza archivistica per le Marche, il quale compilò un elenco di consistenza, che per molto tempo è stato il solo strumento di ricerca disponibile.
A febbraio del 2010 la Soprintendenza ha effettuato un censimento, rilevando oltre 1000 pezzi complessivi tra buste, registri e documentazione calcolabile soltanto in metri lineari, con estremi cronologici 1520-2009; la consistenza della sezione postunitaria dell’archivio risale ancora a questa data.
La fontana pubblica
Fontana pubblica di Lapedona e dietro la Chiesa dei Santi Nicolò e Martino
Nella piazza Giacomo Leopardi, sede del municipio, è presente anche un’aquila in ghisa sorretta su di una struttura in marmo bianco con due capitelli e lo stemma di Lapedona. Sotto una scritta XV LUGLIO MDCCCC che sarebbe 15/07/1900, data dell’inaugurazione in occasione della festa patronale in onore di San Quirico per celebrare l’attivazione dell’acquedotto pubblico.
Alla base di tale struttura dei grandi pesci a bocca aperta con stile aggressivo da cui sgorgava acqua (al momento non attiva). L’opera fu realizzata dallo scultore fermano Bernardini, autore della fontana monumentale di Porto San Giorgio.
Questo testimonia come l’aquila sia un simbolo antecedente al fascismo che poi fu ripreso e reso celebre dalla dittatura fascista.
Chiesa dei Santi Nicolò e Martino
Chiesa di San Nicolò, sec. XVII-XVIII, nella piazza centrale (Piazza Leopardi), in perfetto e sobrio stile barocco, ha al suo interno cinque altari in legno dorato e marmorizzato, un soffitto ligneo damascato ed una pala d’altare di Simone De Magistris (attualmente conservata presso il palazzo comunale), con pale attribuite ai pittori marchigiani G. Ghezzi ed F. Ricci ed un organo di scuola callidiana. La chiesa ora è sconsacrata ed utilizzata per manifestazioni artistiche (concerti di musica classica).
Nella Chiesa di San Nicolò si può ammirare un bellissimo soffitto decorato a tempera del XVIII sec. che risulta essere il più grande e il più esteso delle Marche.